Nei Sifonofori il profano vede sempre alle Meduse perché si tratta sempre di esseri che vivi sembrano di vetro, morti diventano gelatinosi. Ma i Sifonofori si presentano spesso sotto forma di ghirlande o di grappoli. Glicini pendule in seno alle acque, grappoli di campanelle cristalline dai battagli di carminio, ciondoli d’ametista di cui ciascuna trascina un filo d’argento, fiori composti da una squisita architettura, candelabri di più metri: ecco cosa sembrano le più fragili meraviglie del mare. Gioielli impalpabili che si spezzano nelle onde, che si schiacciano tra le dita. Da un uovo nasce una larva formata da una vescicola piena d’aria e da un asse attorno al quale gemma la colonna. L’individuo primitivo esercita la funzione di “boa galleggiante”, mentre gli altri si prendono altri compiti: attacco e cattura delle prede, difesa con “scudi”; digestione, riproduzione. Senza dimenticare i “sifoni” da cui prendono il nome i Sifonofori e sono incaricati della propulsione a reazione. In certe specie è impossibile distinguere gli animali elementari. Ma lo stadio larvale permette di comprendere la realtà: si tratta sempre di un individuo primitivo che germoglia una collettività. Così sono i Porpiti, dischi azzurri larghi da 3 a 5 centimetri, dalle aureole raggianti. Così le Velelle, vere barchette in miniatura di color blu intenso con una cresta triangolare, simile a vela, che domina un disco oblungo offrendo una presa al vento (di qui il nome: “Velella”, piccola vela). In primavera compaiono in immense distese. Quando le onde le gettano sulla riva, ammorbano l’aria per parecchi giorni.Un altro Sifonoforo che non rivela la sua natura coloniale è la Fisalia, che sembra una grossa classica Medusa. I marinai la chiamano “caravella”, per l’alto galleggiante sormontato da una bella cresta porporina che emerge sulle onde come una vela, ma è detta anche, in diverse lingue e dialetti, “vascello di guerra” per la terribile potenza delle sue batterie urticanti. Ecco come il fisiologo Paul Portier ha descritto la caccia di questo animale feroce d’aspetto e così straordinario: “Vediamo i lunghi filamenti divenuti trasparenti per il loro prodigioso stiramento, fili di cristallo rimorchiati dal Sifonoforo. All’improvviso, un pesce della grandezza di una sardina o di un merlano ne sfiora uno. Ed eccolo immediatamente immobilizzato. Solo il movimento degli opercoli mostrano che la respirazione continua. Ma la Fisalia è avvertita di quanto avviene anche 10 o 15 metri dietro di essa, perché il filamento contiene una terminazione nervosa. Ed ecco che lentamente il filamento si accorcia: i suoi elementi contrattili sono entrati in azione. Insensibilmente la Fisalia si avvicina al pesce sempre immobile, eccola infine giunta a contatto. Allora gli individui addetti alla nutrizione applicano il loro “succhiatoio” alla pelle del pesce, cominciano a secernere dei succhi che digeriscono la carne, e dopo qualche ora non resta che lo scheletro del pesce”. Bisogna rinunciare ad ogni logica quando si parla di un’altra classe di Celenterati, gli Ctenofori – cioè i “portatori di pettini” – che il profano prende sempre per Meduse quando, trasparenti, navigano presso la superficie. I naturalisti non sanno come classificarli. Lo schema delle Beroe, per esempio, veri bariletti con ventose, è simile a quello di un sacco in cui i tentacoli sarebbero rimpiazzati da piccole palette natatorie, formanti minuscoli pettini; ben diverso dallo schema a nastro del cosiddetto “cinto di Venere”. E’ questo forse l’essere più sorprendente del mare, quindi dell’universo. Uno spesso nastro di cristallo fluttua a larghe onde. Sembra materia “vuota”. Vi è appena un doppio solco per tutto il corpo, lungo oltre un metro, e su uno dei bordi, al centro, dei bottoni opachi. E “ciò” vive; “ciò” galleggia, con una grazia meravigliosa. Da dove vengono gli ordini che comandano gli ineguagliabili movimento di questa gelatina trasparente?