Il loro stesso nome rende singolari i Cefalopodi: piedi attorno alla testa. D’altronde la vista di un polpo lascia sempre sbalorditi. E’ forse l’animale che si allontana maggiormente dalle forme a cui ci abitua la vita aerea. Queste membra fluttuanti come fumo, questa carne soda ma ondeggiante, possono far mostra di sé solo nell’acqua. In un cavo della roccia innanzi al quale i resti del pasto denunciano la sua tana, il Polpo sta ammassato. E’ un animale informe la cui carne ha il colore della roccia e si mimetizza con essa, ugualmente screziata, lievemente palpitando come le alghe vicine. Se si anima, se si dispiega, rivela una quantità di tentacoli intensamente vivi, vivi sino a sembrare vivere ciascuno di vita propria; mentre le sue ventose si muovono indipendentemente come i buchi di un flauto. Sul fondale striscia con movimenti attutiti; poi si dispiega e mostra la sua struttura stellata… Ma già si raccoglie e ridiventa informe, ammasso che scivola come un fluido denso. E, in questa sostanza amorfa, spicca vivo un occhio a forma di virgola nera, un occhio gelido al quale una breve palpebra conferisce quasi un’espressione umana.Gli stessi suoi colori si accentuano e si smorzano come le raffiche di vento sul mare. Molti altri animali ricorrono a stupefacenti mimetismi; nel Polpo i colori non mutano solo secondo l’ambiente esterno ma manifestano addirittura l’umore. Passano come nuvole, affiorano a tratti, virano dal grigio al rosso, dal bianco intatto al bruno intenso. Liscio o granuloso, macchiato o verrucoso, il Polpo cambia… All’improvviso, diventa una freccia vivente… Nessun tipo di locomozione animale è più sorprendente: sembra che in lui niente si muova. Avanza rapido, come spinto da un motore. E di un motore si tratta, il più moderno: un motore a reazione che lancia l’acqua contro l’acqua. Avanza a propulsione facendo pulsare il sacco chiuso, il sifone aperto; e le sue braccia divengono una chioma ondeggiante. Si abbatte sulla preda, la attira entro la stella dei tentacoli ed eccolo ritornato un sacco circondato da braccia, ridimensionato allo schema del polipo primitivo. Neppure il nome è cambiato: Polipo, Polpo, cioè dai molti piedi. Più difficile è riconoscere lo schema dei Molluschi in questo re dei molluschi, come d’altronde negli altri Cefalopodi. Tentiamo di individuarlo… Dov’è il “piede”? Ce lo dice il nome stesso del gruppo zoologico: sulla testa! E il piede si è diviso in 8 braccia armate di ventose poiché, coi Polpi, siamo tra gli Ottopodi. Quanto al “mantello”, esso ricopre realmente tutte le viscere che sboccano nella “cavità palleale” una sacca situata proprio dietro la testa. Questa testa contiene il cervello più sviluppato non solo tra quelli sinora incontrati, ma tra tutti quelli che troveremo nella vita propriamente marina. Al centro dei tentacoli stellati, la bocca è armata di un becco nero simile a quello dei pappagalli. Molte leggende circondano il Polpo; prima di tutto circa le dimensioni. E il merito in buona parte spetta a Victor Hugo e alla sua famosa lotta sottomarina descritta nei “Lavoratori del mare”. Ma alcuni autori contemporanei hanno esagerato il senso inverso limitando i Polpi dei nostri mari al peso di 5 chili e all’apertura di 2 metri. Infatti il record delle dimensioni controllate è di 25 chili e di 6 metri. Una notte, all’acquario di Napoli un Polpo passò sopra il muretto che lo separava dalla vasca vicina in cui viveva un grosso gambero. Al mattino di questo non restava che il carapace, mentre il polpo non era neppure ferito. Fu questo lo spunto per attenti studi: come fa il Polpo ad uccidere le sue prede? Si scoperse che esso emette una saliva che le paralizza. Le afferra con un tentacolo, le accosta un istante alla bocca e le prede, rese insensibili, si lasciano divorare. La riproduzione dei Cefalopodi riveste aspetti del tutto singolari. Lo sperma è chiuso entro certi astucci o capsule, “le spermatofore”. Nel Polpo queste capsule avanzano in un canale scavato lungo una delle braccia che si è specializzata in questo compito riproduttivo, il braccio detto ectocotile. Introdotto nella cavità palleale della femmina, contraendosi, rilasciandosi, ondulando, il braccio fa avanzare la spermatofora. In un raro genere di piovre mediterranee (il genere “Oxytoe”) si ha un caso estremo, senza pari nella natura: l’ectocotile si stacca e resta nella cavità palleale della femmina, operando così la fecondazione a distanza. Il maschio è molto più piccolo della femmina; quando, nel 1825, se ne trovarono tre a Nizza, si pensò trattarsi di un verme parassita; gli esemplari furono inviati al grande Cuvier che approvò questo punto di vista e gli diede un nome e un posto nella classificazione zoologica! Oggi si pensa addirittura che l’ectocotile, staccandosi dal maschio, possa nuotare da solo in cerca della femmina. Anzi, gli zoologi della Stazione di Villefranche hanno trovato degli ectocotili entro Salpe in cui abbiamo già visto che viaggia la Fronima. Che questi organi sessuali non solo viaggino, ma prendano addirittura il battello?

Tra gli Ottopodi bisogna citare l’Argonauta che vive in superficie, in una delicata navicella formata da due delle sue braccia; questa “conchiglia”, totalmente differente da quella dei comuni molluschi conchigliati, costituisce il nido delle innumerevoli uova che la madre porta con sé. Quanto al padre ci si è meravigliati per lungo tempo di non vederlo mai. Infine si è compreso che, piccolo com’è, vive da parassita sulla femmina. Per studiare i Decapodi – da non confondere coi Crostacei – osserviamo una Seppia, visibile negli acquari. La sua struttura, e più ancora la sua andatura, differiscono nettamente da quella del Polpo. I tentacoli, assai più corti, non sono disposti a stella ma a ciuffo e non attorno al corpo ma dietro. Inoltre questo corpo a forma di ferro da stiro è molto più sviluppato, sostenuto com’è da una conchiglia interna – l’osso di seppia delle gabbie d’uccelli – e si orna di membrane di un’incantevole delicatezza di fattura e di toni, nocciola e bianchi, argentati e dorati. Infine invece di tenersi sui fondali come il Polpo, la Seppia vive in seno all’acqua; e quand’essa vi si mantiene immobile le membrane che servono da natatoie ondulano in continuazione; i grandi occhi a virgola sono così vellutati che si osa quasi dire che sono espressivi. Chi non sa che, irritate, le Seppie emettono una specie di inchiostro nero per nascondersi?… L’inchiostro di China, almeno il vero, ha proprio questa origine.

I Calamari delle nostre coste generalmente non sorpassano le Seppie in quanto a dimensioni, ma nei mari tropicali ne vivono di ben più grossi, persino di enormi. Si è parlato di Calamari dalle dimensioni fantastiche di cui si stenterebbe ad ammettere la mostruosa esistenza se non se ne fossero trovati sovente dei pezzi nello stomaco dei Capodogli. Si è giunti a concedere a questi giganti da 15 a 20 metri di lunghezza e ad appurare che le loro ventose sono munite di un acuto uncino, ciò che le rende armi temibili di cui si vedono spesso gli effetti e le profonde cicatrici sulla gran parte dei Capodogli. Tra i più strani animali degli abissi marini vi sono Calamari dalle forme strane, talora squamosi, talora trasparenti. Molti emettono vive luminescenze colorate; alcuni diffondono addirittura sostanze luminose. Pure Decapodi, ma assai differenti per la conchiglia che funge da galleggiante e che li rende animali di superficie, sono i Nautili dei mari caldi, ultimi rappresentanti di una famiglia di Cefalopodi che abbondarono nel Primario e pullularono nel Secondario con un’immensa varietà di forme, quella delle Ammoniti. Il grazioso avvolgimento della conchiglia si sviluppa man mano che l’animale ingrandisce, isolando con setti le spire divenute troppo piccole e accrescendo in tal modo ogni volta l’efficacia del galleggiante.