Il passaggio dalle Stelle ai Ricci di mare non è a prima vista molto evidente. Non vi è niente di diverso: certe Stelle delle profondità hanno braccia assai corte e si rigonfiano così bene che sembrano cuscini.
Se le loro piastre dermiche si saldano, si passa ai ricci di mare. La forma stellata appare soprattutto nell’interno del riccio per la disposizione delle 5 ghiandole genitali, di color arancio, che sono parti commestibili.
Un esame più attento dimostra che la struttura pentagonale esiste dappertutto, anche all’esterno: attorno all’ano vi sono 5 orifizi genitali e sul guscio di notano (ed è la “prova”) 5 zone ben contrassegnate, a spicchi; infine la straordinaria bocca ornata di 5 minuscoli denti bianchi.
Introducete un fuscello tra questi denti a corona: sarà afferrato e tenuto ben stretto. Questo apparato masticatore che funziona come l’iride di un apparecchio fotografico è di una complessità e “ingegnosità” notevoli; poiché ha la forma di una lanterna, e Aristotele l’ha descritta per primo, viene chiamata “lanterna di Aristotele”.
E’ uno degli organi maggiormente dissezionati dagli studenti. Gli aculei non sono caratteristici dei Ricci di mare; in certi generi sono sostituiti da semplici tubercoli, in altri da lunghi bastoncini clavati. Gli aculei non sono necessari alla locomozione: sono semplici trampoli articolati mentre i pedicelli ambulacrali molli e retrattili sono addetti al movimento. Non sono nemmeno utili alla difesa e anzi si abbassano nella zona minacciata da un nemico, poiché provocano l’attività degli organi di difesa che in tal caso restano essi soli drizzati (e che altrimenti si confonderebbero con gli aculei): sono le pedicellarie, armate di minuscole pinze a tre branche. Quando queste pinze hanno afferrato l’avversario – in generale una Stella di mare – non l’abbandonano più. La Stella sembra che lo sappia: si lascia afferrare parecchi pedicelli ambulacrali dalle pinze che, di colpo, strappa ritirando il suo braccio; e quando tutte le pinze di una zona sono strappate, il Riccio di mare è spacciato.Alcuni Ricci di mare, specialmente quelli commestibili, comuni sulle nostre coste, scavano leggermente la roccia girando su se stessi. La cavità scavata non è profonda; ma verranno altri Ricci e proseguiranno il lavoro così bene che certe rocce possono esser perforate da profondi alveoli, ciascuno dei quali ospita un riccio spinoso. Per passare ai cosiddetti “cetrioli” di mare bisogna allungare il Riccio nel senso bocca-ano, togliergli gli aculei, ridurre le piastre ossee a semplici concrezioni nell’interno della pelle; si ottiene così un corpo cilindrico e molle. Alcune specie che portano un ciuffo di tentacoli possono essere paragonati a barbabietole dalla foglie parzialmente tagliate. Sono queste le Oloturie, termine ripreso da Aristotele senza conoscerne l’etimologia. Quando un bambino afferra un “cetriolo” rimane spesso sorpreso, addirittura disgustato di vederlo espellere, talvolta con violenza, il liquido interno e le viscere. E’ un riflesso di difesa, non per spaventare il nemico, ma per contrarsi in una massa la più dura possibile. Altro fatto straordinario: il Fierasfer, un pesciolino lungo e sottile che vive nell’interno delle Oloturie. Ne esce fuori solo con paura, e al minimo allarme s’introduce velocemente nel suo rifugio. Non temete, l’Oloturia non lo mangia; si ciba soltanto di minuscole prede, talvolta triturando fango nel tubo digerente. Queste masse brunastre, tanto ignobili che in qualche zona d’Italia sono dette “escrementi di mare”, possono acquistare grazia e bellezza: la grazia delle piccole Oloturie natanti di alto mare il cui sacco è una borsa appesa sotto l’ombrella dei tentacoli uniti da una membrana, il che le fa ritenere Meduse non trasparenti; la bellezza delle Sinapte, Oloturie oceaniche, senza appendice motoria, la cui pelle liscia è di un rosa traslucido chiazzato di bianco e di cui esili tentacoli hanno un effetto assai “decorativo”.