PICCOLA STORIA DELL’ASTRONOMIA

L’astronomia per la sua multidisciplinarità (si avvale infatti degli ultimi ritrovati di una serie quasi infinita di altre discipline, dalla fisica alla matematica all’ingegneria e così via) è considerata da molti come la regina delle scienze. Noi non sappiamo se ciò sia corretto, e se sia giusto fare una graduatoria di importanza delle discipline scientifiche, quello di cui siamo sicuri è che l’astronomia è sicuramente la più antica delle scienze.

Fin da quando l’uomo primitivo fu in grado di formulare un pensiero coerente furono gli astri a dargli, pur inconsapevolmente, l’orientamento. Ma, soprattutto, quando l’introduzione dell’agricoltura rivoluzionò la cultura umana, la necessità di prevedere il ritorno delle stagioni e dei periodi favorevoli alla semina o al raccolto, spinsero l’uomo primitivo ad affidare all’interpretazione del movimento degli astri la gestione dei propri lavori nei campi.

Si cominciarono così a formulare calendari e a calcolare e misurare il tempo, che è la prima applicazione pratica derivata dall’osservazione del cielo. È ormai provato, infatti, che gli straordinari monumenti megalitici presenti in molte località europee altro non fossero che enormi “orologi” destinati a individuare con precisione il momento dei solstizi e altri eventi astronomici.

Una particolare sensibilità in materia di studi astronomici è sicuramente da elevare a merito della cultura dei Celti, nei cui territori oggi si trova la quasi totalità di queste strutture. Parallelamente all’astronomia si sviluppò un’altra disciplina, l’astrologia, che, benché esuli dallo scopo di questa piccola trattazione, riveste un’enorme importanza per capire meglio quanto i nostri progenitori si sentissero “dipendenti” dagli astri per la loro vita giornaliera.

Eventi così “magici” come il sorgere e il tramontare, la capacità di segnalare con tanta precisione l’avvento della stagione della semina o della neve, non potevano non avere influenza anche sulla vita e sulla caratterialità dei “piccoli” esseri umani nati sotto una particolare disposizione astrale piuttosto che sotto un’altra.

LE ANTICHE CIVILTÀ

Mesopotamia – Lo studio dell’astronomia in quella che e considerata la culla della nostra civiltà si affermò fin dagli albori e raggiunse il suo apice tra il 500 e il 600 a.C., per poi perdere di rilevanza un centinaio di anni prima di Cristo, quando l’astronomia greca aveva ormai preso il sopravvento. In realtà non si può ancora parlare di scienza, perché le finalità dell’osservazione astronomica in Mesopotamia erano prettamente a scopo divinatorio, comunque, la precisione raggiunta nel calcolo di alcuni parametri astronomici è sbalorditiva: il calcolo dell’intervallo di tempo fra due fasi successive uguali della Luna (mese sinodico – circa nel 380 a.C.) differiva da quello odierno solo nella sesta cifra decimale. Tra il primo e il secondo secolo a.C., il periodo sinodico dei pianeti, cioè l’intervallo fra due successive identiche posizioni rispetto alla Terra, differiva dal valore calcolato oggi di meno di un centesimo. I Babilonesi costruirono il loro calendario riferendosi, al moto della Luna, e suddividendo l’anno in 12 mesi di 30 giorni ciascuno. Per adattare tale periodo all’anno solare, intercalavano, secondo necessità, un tredicesimo mese supplementare. Successivamente, nel 383 a.C. furono introdotti 7 mesi supplementari da distribuire in un ciclo di 19 anni. Il giorno venne diviso in 24 ore di uguale durata intorno al 1700 a.C. Buona parte dei nomi da loro assegnati alle costellazioni è rimasto in uso nell’astronomia moderna.

Egitto – Il calendario egizio era incentrato sul moto del Sole. Già nel 4° millennio a.C. la durata dell’anno era stabilita in 365 giorni: 12 mesi di 30 giorni, più 5 giorni supplementari. L’inizio dell’anno si faceva coincidere con la levata di Sirio, che coincideva, a sua volta, con l’inizio delle piene del Nilo. Col tempo, gli Egizi si resero conto che il sorgere di Sirio ritardava di circa un giorno ogni quattro anni, così che ci sarebbero voluti 1460 anni perché il sorgere di Sirio, che ritardava sempre più, tornasse a coincidere con l’inizio delle piene. Più tardi si dedusse l’effettiva durata del giorno in 365,25 giorni, e nel 238 a.C. si introdusse un giorno supplementare ogni quattro anni.

Cina – Le notizie più antiche giunte fino ai giorni nostri sulle conoscenze astronomiche dell’antica Cina sono contenute nel libro di Liu Hsin, databile intorno all’inizio dell’era cristiana. Dal suo contenuto è possibile risalire alla storia dell’astronomia cinese a partire dal 3° millennio a.C. Gli avvenimenti astronomici venivano accuratamente osservati dagli astronomi imperiali e riportati nelle cronache. Queste cronache sono decisamente attuali e talvolta analizzate anche in era moderna. Ad esempio, tali cronache hanno consentito di provare l’avvistamento di una supernova nel 1054 d.C., quella all’origine della Crab Nebula, di cui non c’è invece traccia in cronache occidentali. In queste cronache venivano registrate anche tutte le eclissi, che gli astronomi avevano il dovere di prevedere: verso la fine del 3° millennio, due astronomi sarebbero stati messi a morte per aver mancato di prevedere una prossima eclisse. Lo studio del moto dei pianeti iniziò intorno al 1° secolo a.C.; il calendario era basato sul moto di Luna e Sole, con un ciclo di 19 anni. Le costellazioni cinesi differivano molto da quelle occidentali; in tutto, i Cinesi conoscevano 228 costellazioni.

America Centrale – Le conoscenze astronomiche dei Maya, abitanti della penisola dello Yucatan (Messico) erano veramente straordinarie, se ne hanno diverse prove che risalgono al 3° e forse al 4° millennio a.C.: tra le quali la registrazione di un’eclissi di luna datata 15 febbraio 3379 a.C.! I Maya avevano una buona conoscenza dei periodi sinodici dei pianeti e delle periodicità delle eclissi. Il loro calendario era estremamente sofisticato, anche troppo perché possiamo riassumerlo in queste poche righe. Di straordinaria rilevanza sono anche le osservazioni Maya del moto di Venere. Anche gli Inca, gli abitanti dell’antico Perù, svilupparono discrete conoscenze astronomiche, anche se non paragonabili a quelle Maya. Conoscevano con buona approssimazione il periodo di rivoluzione dei pianeti. Il calendario era basato su un anno solare di 365 giorni, con 12 mesi di 30 giorni e 5 giorni supplementari. Tutte le culture citate avevano in comune il fatto che ricorrevano a fatti naturali per spiegare l’esistenza degli splendori celesti. La Terra, dalla forma di disco, o con forme analoghe, era completamente circondata dalla sfera celeste, occasionalmente rappresentata con forma umana.

IL MONDO GRECO

È sorprendente constatare quanta parte delle moderne conoscenze astronomiche fossero già patrimonio degli astronomi greci. Alcune di esse si sono trasmesse fino all’era moderna con continuità storica, altre si sono “perse” per poi essere riscoperte secoli e secoli più tardi.

Il fatto davvero stupefacente è che gli astronomi greci furono in grado di desumere tali fatti dalla semplice osservazione “de visu” senza l’ausilio di strumenti come il cannocchiale astronomico o l’orologio.

L’aspetto più interessante a nostro avviso è quello relativo allo studio della forma della Terra, della sua orbita, e dei pianeti vicini. Originariamente anche per i Greci la Terra era considerata un disco nel cui centro si trovava l’Olimpo, circondato dall’Oceano. A poco a poco, grazie alle attente osservazioni delle eclissi, dove era evidente che l’ombra della Terra proiettata dal Sole sulla Luna ha un aspetto circolare e che, in diversi luoghi, le stesse stelle vengono viste con differenti altezze sull’orizzonte, prese piede e si affermò la concezione di una forma sferica della Terra.

Ma le scoperte dovute all’acume degli astronomi greci sono tantissime altre e ci limitiamo qui a riportarne succintamente quelle più “eclatanti”: Eratostene (circa 280-200 a.C.) calcolò la distanza fra Alessandria e Siene mediante osservazioni dell’altezza meridiana del Sole, scostandosi soltanto di poco dai valori esatti. Il pitagorico Filolao, nel V sec. a.C., ed Eraclide Pontico, poco più tardi, avevano posto un fuoco al centro dell’universo, intorno al quale si muovevano gli altri pianeti, Terra inclusa.

Ma fu Aristarco di Samo (circa 310-250 a.C.) a definire un sistema eliocentrico, in cui il Sole occupa la posizione centrale e i pianeti, tra i quali la Terra, si muovono attorno ad esso. Democrito (circa 460-370 a.C.) qualcosa come duemila anni prima dell’invenzione del cannocchiale, intuì che la Via Lattea è costituita da innumerevoli stelle. Anassagora (circa 500-425 a.C.) asserì che il Sole è “una pietra infuocata, immensa, grande forse più del Peloponneso”.