STELLE O PIANETI?

Fino a qualche tempo fa, una delle convinzioni più radicate tra gli astronomi, era che i due tipi di corpi celesti denominati stelle e pianeti fossero oggetti con caratteristiche tali da differenziarli nettamente.

Erano definite “stelle” tutti i corpi celesti a composizione gassosa nel cui interno si sviluppano reazioni nucleari con la conseguente emissione di energia elettromagnetica. I pianeti, invece, erano i corpi celesti di grandi dimensioni, gassosi o rocciosi, normalmente in orbita intorno a una stella ma incapaci di emettere alcun tipo di radiazione propria.

Queste convinzioni “hanno retto” fino a quando, guardando al di fuori del sistema solare, si sono scoperti corpi celesti che hanno un comportamento singolare: per la maggior parte della loro esistenza si comportano come pianeti, salvo iniziare a un certo punto a emettere luce proprio come una stella. Le prime conclusioni degli studi condotti su questi particolari corpi celesti risalgono agli anni ’60 e alla stessa epoca risale la prima denominazione ufficiale per questa classe di oggetti cosmici: nane brune.

Uno degli aspetti più difficoltosi è stato trovare una chiave che permettesse di distinguere un pianeta gigante da una piccola nana bruna, e una piccola nana bruna da una piccola stella.

È stato scelto di fare riferimento a un parametro che non è legato alle dimensioni bensì alla massa di questi corpi celesti, secondo la regola seguente: fino a 13 volte la massa di Giove si ha a che fare con pianeti giganti, da 14 a 70 volte la massa di giove si è in presenza di nane brune, oltre ci si trova di fronte a una vera e propria stella.

La scelta di svincolarsi dalle dimensioni è stata pilotata dalla constatazione che un pianeta gigante può avere un diametro superiore a quello di una nana bruna, perché quest’ultima, nella sua travagliata esistenza, soventemente subisce un “collasso gravitazionale” in altre parole un vero e proprio compattamento degli atomi che la compongono per le forti pressioni in gioco.

La massa, invece, presenta un riferimento inequivocabile: solo al di sopra di una massa superiore a 13 volte quelle di Giove si può innescare la fusione nucleare del deuterio (una varietà di idrogeno pesante) che dà luogo all’inizio dell’emissione di radiazioni, anche nel caso in cui altri elementi presenti nel corpo celeste ne riducano gli effetti alla sola emissione di radiazioni infrarosse.

Ma come riconoscere che si tratta di una nana bruna e non di una stella?

Abbiamo già definito la regola generale – fino a 13 volte la massa di Giove si ha a che fare con pianeti giganti, da 14 a 70 volte la massa di Giove si è alla presenza di nane brune, oltre ci si trova di fronte a una vera e propria stella – vediamo ora il perché questo limite possa realmente definire la differenza tra nana bruna e stella.

Il confine è fissato dal vincolo che tale massa (circa 70 volte quella di Giove) è quella limite perché possa esserci una sufficiente quantità di litio, elemento che è assente dalle stelle perché distrutto dalla loro temperatura, maggiore di quella che le nane brune possono raggiungere.

Ma un’altra differenza tra le stelle e le “nane brune” è il loro destino.

Le prime sono destinate o a esplodere, come come supernovae, oppure a contrarsi in “nane bianche” (ministelle densissime). Le nane brune, invece, non potendo consumare tutto l’idrogeno del quale sono costituite, a causa del particolare tipo di reazione nucleare che avviene al loro interno, sono destinate a un’esistenza pressoché infinita, tanto che qualcuno in maniera un pò fantasiosa le ha definite gli unici serbatoi d’idrogeno dell’universo destinati a durare per l’eternità.

La scoperta e lo studio di questi particolari corpi celesti è relativamente recente, perché le nane brune sono oggetti difficilmente osservabili con le normali tecniche direttamente dalla superficie terrestre. I normali telescopi non sono sufficienti, a meno di usare la tecnica della “interferometria stellare” ossia la sovrapposizione di fasci di luce provenienti da una stessa sorgente ma raccolti da strumenti separati.

A questo scopo sono state costruite coppie di telescopi operanti in parallelo, come quelli dell’osservatorio costruito sul monte Mauna Kea delle Hawaii composto da due telescopi con specchio di 10 metri di diametro ubicati a 85 metri di distanza l’uno dall’altro.

Concludiamo la nostra carrellata sulle nane brune (corpi celesti che per le loro caratteristiche si trovano a metà tra stelle e pianeti) descrivendo quale sia la teoria attualmente più accreditata sulla loro origine e che forse consentirà, quando confermata, di classificarle definitavene tra le stelle o i pianeti.

Per capire il meccanismo è necessario riassumere quale sia il processo con cui si formano le stelle e i pianeti propriamente detti. Le stelle si formano per contrazione di una nube di gas e polveri che iniziando a ruotare formano un enorme disco ruotante, al cui interno si formano i pianeti per condensazione e accrescimento dei materiali contenuti nel disco stesso.

Da questa osservazione, unita a quella che non sono state osservate nane brune fra i corpi che accompagnano le stelle tradizionali, e che invece ne esistono alcune “libere” all’interno della Via Lattea, fanno propendere per una loro origine “stellare” più che “planetaria”.

Esiste comunque un’altra teoria secondo la quale le nane brune si formano anch’esse all’interno dei dischi che circondano le stelle giovani, salvo poi ad allontanarsene per l’effetto gravitazionale dovuto all’incontro con altre stelle. Per risolvere l’enigma gli astronomi hanno focalizzato la loro attenzione all’ammasso stellare del Trapezio, posto al centro della nebulosa di Orione a circa 1200 anni luce, contenente circa 1000 stelle, la maggior parte delle quali possono definirsi “neonate”.

Altra particolarità di questo ammasso è che contiene un altissimo numero di “nane brune”. Dall’attenta osservazione delle nane brune presenti in questo ammasso si è notato che anche le nane brune presenti nello stesso ammasso presentano un disco simile a quello che hanno tutte le stelle vere e proprie all’atto della loro formazione, situazione che le accomunerebbe, quindi alla categoria delle stelle più che a quella dei pianeti.

Il dibattito è aperto e chissà quando sarà possibile porvi fine.