Titano il satellite più grande di Saturno, terra primordiale? di Nautica Editrice il 14 Lug 2016 TITANO, TERRA PRIMORDIALE? Titano, il satellite più grande di Saturno, è sotto attenta osservazione degli astronomi da tantissimo tempo a causa delle sue caratteristiche che lo rendono molto simile alla nostra Terra. I risultati delle osservazioni e delle misure eseguite (tramite telescopi tradizionali e in orbita) sono state talmente convincenti da giustificare la spesa per inviare una sonda interplanetaria per appurare la realtà. La sonda Cassini, costruita con importante contributo tecnologico italiano, dopo un lungo viaggio durato circa sette anni, sta iniziando a mandare i primi dati, e i risultati sono definiti dagli esperti “superiori alle più rosee aspettative”. L’ultima novità – secondo gli scienziati – è quasi incredibile: analizzando i dati raccolti durante l’ultimo passaggio ravvicinato della sonda, è stata riscontrata nella parte più alta dell’atmosfera di Titano la presenza di composti organici complessi, che per i non esperti in chimica si possono definire come “uno degli elementi chiave” affinché la vita possa svilupparsi nel cosmo. In altre parole si sta accreditando l’ipotesi scientifica che Titano starebbe attraversando una fase del tutto simile all’ “infanzia” del nostro pianeta. Ma la sonda Cassini non si limita a esaminare l’atmosfera; stanno iniziando ad arrivare anche dettagliatissime immagini della superficie di Titano. Secondo i primi dati, pubblicati dalla rivista “Science”, Titano presenta una superficie complessa, con rilievi molto bassi, vulcani di ghiaccio, canali e crateri recenti provocati dall’impatto di meteoriti o asteroidi. “Le immagini finora ottenute riguardano appena l’1% della superficie di Titano, ma sono già sufficienti per dimostrare che il radar e l’antenna di Cassini, entrambi italiani, funzionano in modo eccezionale”, ha osservato uno degli autori della ricerca, il responsabile dell’esplorazione del sistema solare per l’Asi, Enrico Flamini. Tra i fenomeni più significativi osservati ci sono due crateri, uno dal diametro di circa 60 chilometri e l’altro, più grande, di circa 200. Entrambi sono poco profondi e hanno una parte centrale piuttosto liscia. “Una delle ipotesi”, ha detto Flamini, “è che la superficie si sia totalmente liquefatta al momento dell’impatto che ha dato origine al cratere e poi nuovamente solidificata”. Sulla superficie di Titano ci sono anche formazioni insolite, come i solchi simili a “graffi” lunghi fino a centinaia di chilometri. Sulla loro natura gli studiosi non si pronunciano ancora, né sanno se graffi simili si trovino in altre zone di Titano. Cassini continuerà a osservare da vicino Titano per i prossimi quattro anni, durante i quali saranno assunte informazioni sufficienti per arrivare a conoscere circa il 25% della sua superficie. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!