Nella pluriennale esperienza del C.I.R.M., Centro Internazionale Radio Medico, non meno del 25{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} dei casi corrisponde alla categoria degli infortuni, piccoli o grandi traumi, ferite superficiali o profonde, da abrasione o da taglio.

Iniziamo a riconoscerle

Abrasione – escoriazione: è l’asportazione degli strati più superficiali della cute per effetto di un urto tangenziale contro un corpo ruvido. Si tratta del tipo meno grave di ferite, che tuttavia possono interessare estese parti del corpo e dare intensa sensazione di bruciore e dolore. Sanguinano diffusamente, ma poco, e raramente si accompagnano a lesioni di organi profondi.Ferita da taglio: è la ferita più frequente, provocata dalla lama del coltello o dalla scatoletta di latta. Può essere superficiale e interessare solo la cute e il sottocute o anche molto profonda; può raggiungere organi vitali, come le arterie e le vene negli arti, o i visceri addominali.

Ferita da punta: è molto piccola sulla cute, ma può essere molto profonda e quindi potenzialmente pericolosissima. La punta può aver penetrato organi interni creando piccole lesioni i cui effetti – emorragia interna, peritonite – possono rendersi manifesti anche a distanza di ore.

Ferita lacera (lacerazione): è quella da escoriazione, a margini cutanei irregolari e frastagliati. Esempio tipico è quella da morso di cane. Sono di solito ferite superficiali si infettano facilmente per i detriti presenti e le aree di tessuto devitalizzate. Spesso si associano alla contusione (ferite lacero-contuse).

Contusione: la sua apparente innocuità contrasta col fatto che urti violenti possono aver provocato lesioni degli organi sottostanti come, ad esempio, fratture nelle contusioni degli arti o del torace, rotture di visceri o emorragie nelle contusioni addominali, commozioni cerebrali nelle contusioni del capo. La presenza di dolore intenso apparentemente sproporzionato alla lesione e/o di altri disturbi quali disorientamento, incoscienza, marcata tumefazione in sede di contusione, deformità di un arto ecc. rende necessaria la visita medica.

Il primo soccorso

Come fare un bendaggio per bloccare un’emorragiaSollevate bene in alto l’arto sede della ferita: ciò comporterà un’immediata riduzione del sanguinamento. Un sanguinamento che si riesce a controllare mediante compressione diretta della ferita con garze, o fazzoletto, è poco probabile che sia grave. La compressione forte (fino a fare male) e mantenuta per alcuni minuti dà tempo al sangue di coagulare. Se il sanguinamento riprende abbondante la manovra può essere ripetuta e la compressione stabilizzata mediante una fasciatura stretta con una benda o un fazzoletto: applicate sulla ferita un tampone fatto con alcune garze ripiegate più volte o con una benda arrotolata in modo da coprire la ferita e poca cute intorno; poi fasciate stretto in modo da comprendere il tampone nella fasciatura. Il sanguinamento grave, cioè proveniente da vasi soprattutto arteriosi di medio e grosso calibro si manifesta con emorragia copiosa, talvolta pulsante, che la pressione sulla ferita non riesce ad arrestare: in questo caso bisogna andare a comprimere il vaso arterioso principale che rifornisce quel territorio; ciò si può fare con le semplici mani se si conosce il decorso dei vasi agli arti e i punti in cui questi si possono comprimere sull’osso sottostante, oppure con un laccio emostatico teso, girato due volte intorno all’arto e annodato. Tenete presente che l’arresto della circolazione determinato dal laccio può provocare danni seri ai tessuti; il laccio va quindi integrato dalla compressione della ferita, stretto il minimo indispensabile e allentato temporaneamente ogni 10-20 minuti. In mancanza del laccio emostatico, che è di gomma, si può usare una fascia, preferibilmente larga; invece, cordicelle o addirittura fili metallici vanno evitati, non perché non siano efficaci, ma perché lo strangolamento che determinano può ledere in modo irrimediabile la circolazione dell’arto. Un’emorragia acuta, come questa, è usualmente ben tollerata fino a perdite di mezzo litro nell’adulto; una perdita superiore al litro e mezzo mette in serio pericolo la vita. In mancanza di meglio, e in attesa dell’intervento del medico, sarà utile far bere acqua in quantità. Dar da bere è peraltro controindicato in caso di ferite addominali. Il paziente deve esser tenuto disteso, col capo più basso dei piedi.

Come medicare una ferita: regole generali

Tutte le ferite che sono profonde oltre la cute (più profonda cioè di 2-4 mm a seconda delle sedi) necessitano di regola di una sutura con punti. Per una corretta terapia delle ferite, anche di quelle più superficiali che non richiedono l’intervento del medico, valgono le seguenti norme:

  1. Togliete con le pinze pulite e disinfettate alla fiamma i detriti o i corpi estranei eventualmente presenti.
  2. Lavate con acqua (di rubinetto, di fonte, minerale, o bollita) abbondantemente la ferita in modo da portar via la terra e i piccoli detriti. Si potrà usare anche acqua ossigenata.
  3. Disinfettate la ferita con del disinfettante non alcolico, la cute intorno con disinfettante alcolico.
  4. Coprite con garze sterili o cerotti medicati a seconda della superficie. Eventualmente fasciate per una maggiore protezione dalla polvere e fissate con cerotti o rete elastica.
  5. Assicuratevi che l’infortunato sia stato vaccinato contro il tetano e la vaccinazione non sia scaduta.

Le ferite che dovranno essere trattate dal medico vanno lavate con acqua e semplicemente coperte con garza. Non usate mai sulla ferita polveri antibiotiche o di altri tipi perché possono dar luogo ad allergie, né pomate; la miglior cura della ferita è quella più semplice: pulizia, disinfezione e copertura con garza. Le ferite escoriate, nelle quali l’adesione delle garze alla ferita sarà tenace e sarà motivo di dolore nelle successive medicazioni, potranno essere curate interponendo sulla cute una garza cosiddetta grassa, cioè imbevuta di vasellina, o di altro tipo non aderente. Meglio ancora sarà spruzzare sulla ferita uno degli spray protettivi che formano una pellicola impermeabile sulla cute e poi eventualmente coprire con garze se la ferita è in una sede che può facilmente inquinarsi (per la polvere, i vestiti, ecc.). Ogni giorno è bene medicare la ferita togliendo la garza o i cerotti che la ricoprono, disinfettandola e rimettendo la protezione con garza o cerotti. La medicazione giornaliera è un’ottima occasione per controllare l’evoluzione della ferita e in particolare la comparsa di segni di infezione.

I segni sospetti di infezione sono i seguenti: gonfiore, arrossamento, dolore, febbre. Se il pus si fa strada spontaneamente e fuoriesce all’esterno, bisogna favorirne l’uscita allargando delicatamente l’orifizio che si è aperto e comprimendo le zone circostanti. Pulita la cute dal pus, si disinfetta e si copre con garza in attesa dell’intervento di un medico, che può considerarsi non indispensabile nelle piccole lesioni poco profonde.

Un caso particolare: la rimozione di un amo da pesca

Se l’amo è infisso in un dito applicate un laccio emostatico per limitare l’emorragia nel momento dell’estrazione; con una pinza afferrate l’amo sulla base e, con un movimento deciso di rotazione, spingete fino a far uscire la punta oltre la pelle; tagliate la punta con tronchesi o forbici robuste; a questo punto potete tirare indietro l’amo ed estrarlo senza strappare i tessuti.

Come fare una fasciatura o un’immobilizzazione d’emergenza

Norme Generali: con il bendaggio dovrà essere immobilizzata tutta la parte del corpo che ha subito una lesione; il bendaggio dovrà aderire bene, ma non dovrà causare dolore né comprimere tanto da impedire la circolazione; le articolazioni andranno lasciate scoperte per verificare colorito cutaneo e gonfiore; se si applica un manicotto pneumatico a un arto, fate indossare prima una calza per separare la cute dal materiale plastico; dopo il bendaggio la parte lesa deve rimanere sollevata.

Esempi di fasciature: immobilizzazione d’emergenza dell’avambraccio e polso: la tavoletta di legno o cartone rigido dovrà essere imbottita con ovatta e ricoperta di garza o tela; il braccio sarà poi appeso al collo mediante triangolo.

Fasciatura della caviglia: iniziate sempre con due giri sovrapposti sopra la caviglia, poi, con il piede in flessione, passate la benda sotto la pianta e ritornate sopra la caviglia, formando una specie di 8 che incrocia sul collo del piede.

Immobilizzazione dell’arto inferiore senza o con stecca di sostegno del piede: sollevate il piede e la gamba rispetto al corpo; la coscia e la gamba devono essere bloccate da due bende; la tavola di legno deve essere imbottita con ovatta e ricoperta con un telo di cotone o con garza orlata; un piccolo sostegno deve essere posto sotto il ginocchio, in modo che si mantenga leggermente flesso.