Nel mondo occidentale, le malattie dell’apparato cardiovascolare rappresentano la maggior causa di morbilità e mortalità nella popolazione adulta, e il loro esordio è spesso improvviso e tende a evolvere rapidamente verso un drastico peggioramento delle condizioni del paziente. Vediamo alcune delle principali patologie cardiache, il loro modo di manifestarsi e cosa fare in caso si presenti una sintomatologia minacciosa o sospetta. è indispensabile sottolineare la necessità di tenere sotto controllo i principali fattori di rischio di malattie cardiovascolari, suddividendoli in modificabili e non modificabili. Tra i primi ricordiamo:

  • ETÀ (nella fascia tra 40 e 50 anni c’è una maggior prevalenza tra i maschi, mentre dopo i 50 anni si assiste a un riequilibrarsi dell’incidenza di queste patologie tra uomini e donne);
  • FAMILIARITÀ (è statisticamente dimostrato che la patologia cardiaca tende a incidere più frequentemente in certe famiglie e addirittura in certi gruppi etnici, come, ad esempio, l’ipertensione nei neri americani).

Questi fattori risultano non modificabili dal soggetto e pertanto, qualora siano presenti, impongono un maggior controllo dei fattori di rischio modificabili tra i quali ricordiamo:

  • IPERTENSIONE ARTERIOSA (i valori di riferimento attuali sono al di sotto di 140/90 mmHg, a meno che il soggetto non sia anche diabetico, nel qual caso i valori non dovrebbero superare i 130/85 mmHg);
  • DIABETE
  • IPERCOLESTEROLEMIA E IPERTRIGLICERIDEMIA;
  • FUMO DI SIGARETTA;
  • OBESITÀ E SOVRAPPESO.

Questi ultimi fattori risultano modificabili, attraverso cambiamenti dello stile di vita, quali la riduzione dell’apporto calorico giornaliero, l’adozione di una dieta povera di sale e di grassi saturi, l’abolizione del fumo, il controllo del peso corporeo, la pratica abituale di esercizio fisico, il controllo scrupoloso e costante dei valori di pressione arteriosa, anche, se necessario, attraverso una terapia antipertensiva consigliata dal medico curante. Sarebbe buona norma, dopo i 40 anni, effettuare almeno una volta l’anno un elettrocardiogramma di base e, qualora siano presenti più fattori di rischio, anche un test da sforzo al cicloergometro. Il controllo e l’abbattimento dei fattori di rischio rappresenta il più efficace strumento per ridurre l’incidenza di malattie quali la cardiopatia ischemica.Il sintomo più frequente, e che può orientare la diagnosi, è sicuramente il DOLORE TORACICO, che può essere la conseguenza di un evento di modesta o trascurabile importanza, oppure la manifestazione di una condizione patologica in alcuni casi anche grave, con pericolo immediato per la vita. Numerose situazioni patologiche cardiache, polmonari, gastro-esofagee e muscolo-scheletriche possono manifestarsi al loro esordio con un dolore toracico; risulta pertanto di estrema importanza sapersi orientare nel riconoscere quelle condizioni di maggior gravità, quali l’angina pectoris e l’infarto del miocardio, che rappresentano un rischio reale per il paziente. Al paziente che riferisce un dolore toracico devono essere poste una serie di domande che permettono di effettuare uno screening già molto preciso, anche in assenza di altri strumenti diagnostici. Per non dimenticare nulla possiamo fare riferimento al seguente elenco di domande da rivolgere al paziente:

  • Dove è localizzato il dolore? Nell’angina e nell’infarto tipicamente al centro del petto, più raramente alla bocca dello stomaco o solo nelle sedi di irradiazione. È bene ricordare che il dolore epigastrico di lunga durata, associato a pallore e sudorazione fredda, è spesso scambiato per una banale “indigestione”.
  • Dove è irradiato il dolore? Tipicamente alla spalla e braccio sinistro; molto frequentemente al collo, mandibola, braccio destro, dorso e bocca dello stomaco.
  • Che tipo di dolore è? Generalmente di tipo costrittivo o descritto come un peso o un’oppressione. Spesso il malato lo indica con la mano aperta o chiusa a pugno sullo sterno. Nell’infarto ha un’intensità molto maggiore. Un dolore indicato come una puntura, su un punto specifico del torace, evocato o aggravato dalla digito-pressione, della durata di pochi secondi, sarà quasi sempre di origine muscolo-scheletrica. Allo stesso modo un dolore che modifica le sue caratteristiche in seguito all’effettuazione di movimenti respiratori profondi o a movimenti del torace o delle braccia, sarà molto raramente da riferire a una patologia cardiaca.
  • Quali sono le cause scatenanti del dolore? Possono essere diverse, quali sforzo fisico, forte emozione, esposizione al freddo, pasti copiosi o attività sessuale, ma il dolore può insorgere anche in assenza di fattori scatenanti.
  • Qual è la durata del dolore? Nell’angina pochi minuti; nell’infarto oltre i 15 minuti.
  • Quali sono le manovre o i farmaci che alleviano il dolore? Nell’angina cessare l’attività fisica, interrompere l’esposizione al freddo o assumere farmaci nitroderivati (Carvasin, Trinitrina). Nell’infarto il dolore non regredisce con il riposo ed è scarsamente sensibile ai nitroderivati.
  • Esistono altri sintomi di accompagnamento?

Sia nell’angina che nell’infarto possono essere presenti senso di angoscia, nausea o vomito e sudorazione fredda. Nell’infarto il paziente può essere agitato con senso di morte imminente. è necessario ricordare che in almeno il 15-20{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} dei casi l’infarto avviene in assenza di dolore, specie nei pazienti anziani e diabetici. In tale circostanza l’infarto può essere del tutto asintomatico o manifestarsi con palpitazioni, espressione di un’aritmia, sincope, improvviso calo pressorio, estrema debolezza o sudorazione improvvisa.Una volta riconosciuto il carattere di gravità al sintomo dolore toracico, si pone il problema di cosa fare per un paziente che si trova a bordo. L’elemento cruciale che deve essere preso in considerazione è il tempo. Attualmente esistono terapie mediche o invasive che permettono, in caso di occlusione di un’arteria coronaria e conseguente infarto del miocardio, di ottenere la riapertura completa del vaso colpito, e quindi il salvataggio dell’area miocardica colpita, sempre che tali terapie vengano iniziate entro un intervallo di tempo non superiore alle 12 ore dall’esordio dei sintomi.

Per tale motivo è assolutamente indispensabile dirigersi immediatamente verso il porto più vicino, allertando contemporaneamente il C.I.R.M. per ottenere i consigli terapeutici più adeguati e le autorità portuali per organizzare quanto prima l’evacuazione del paziente verso l’ospedale più vicino.

Nel frattempo il paziente andrebbe messo sdraiato a letto, in posizione semiseduta, con 2 cuscini dietro la schiena e andrebbe somministrato ossigeno, mediante mascherina con un flusso di 4 litri per minuto. I parametri vitali (frequenza cardiaca e respiratoria e pressione arteriosa) andrebbero tenuti sotto continua osservazione e si dovrebbe chiedere spesso al paziente notizie sull’andamento del dolore.

È sempre opportuno somministrare una compressa di ASPIRINA da 300 mg, al fine di ridurre il processo di aggregazione delle piastrine sulla placca di arteriosclerosi all’interno della coronaria; inoltre, se la pressione arteriosa massima non scende al di sotto di 100 mmHg, si dovrebbe somministrare un prodotto nitroderivato (CARVASIN o TRINITRINA), da sciogliere sotto la lingua per alleviare il dolore e cercare di ridurre l’area di necrosi cardiaca. Ricordiamo che la somministrazione del nitroderivato può essere ripetuta dopo 10 minuti e che tale prodotto andrebbe, in seguito, ripetuto ogni 4-6 ore.

Infine, qualora il paziente appaia fortemente agitato, si possono somministrare 10-15 gocce o una compressa da 5 mg di VALIUM o prodotto equivalente. Il consiglio più importante è quello di evitare inutili ritardi, sia nel segnalare l’insorgenza di sintomi sospetti, sia nel dirigersi quanto prima verso il porto più vicino.