I molluschi conchigliati a due valve sono detti Bivalvi o Lamellibranchi, ma anche Acefali, cioè “senza testa”, perché il fatto di fissarsi a un oggetto o a una roccia li ha fatti degenerare al punto d’aver perso la testa, insieme con gli organi della locomozione, di difesa e molti dei sensoriali. Nel loro cofanetto a cerniera, essi sono animali molto semplici; aspettano cibo solo dall’acqua penetrante dallo spiraglio della loro “porta” e sono indifesi contro un nemico capace di forzare le loro valve. Alcuni tuttavia, come i Cardii, le Arselle, le Cappe si spostano lentamente per mezzo del “piede” divenuto una lunga appendice che serve per afferrarsi, come (lo ha detto Réamur) “un uomo che s’arrampicasse alzando una mano e sollevandosi facendo forza sull’appiglio trovato”. Altri, come i Pettini o le Lime, si spostano con veri balzi. I subacquei hanno paragonato i Pettini in fuga alle farfalle. Chiudendo bruscamente le valve, ed espellendo l’acqua, avanzano per propulsione. Ma attenzione! Non è che avanzino in senso contrario a quello della chiusura delle valve, ma in quello dell’apertura. Perché non hanno inventato solo il reattore ma anche l’ugello; infatti presso la cerniera le due valve formano un canale attraverso il quale l’acqua esce con forza quando la conchiglia si chiude.La norma dei Bivalvi è di essere “sessili”, cioè fissati alle rocce; spesso con una vera fune, il “bisso”. Così fanno i mitili che muovendosi nella zona della risacca, non possono attaccarsi alle rocce con una ventosa. Come fa il mitilo a “formare” la sua “fune”? Il piede sembra una sorta di dito retrattile lungo sino a 5 cm; per mezzo di una speciale ghiandola secerne un liquido che prende la forma di filo. Il peduncolo esce dalla conchiglia, fissa la cima del filo, poi si ritrae: il primo cavo è lanciato. Una trazione per assicurarsi che sia solido, quindi la manovra ricomincia quattro o cinque volte al giorno, per aggiungere un altro filo sino a che disposti a ventaglio, se ne contano sino a 150. Le grosse Pinne si fissano anch’esse col bisso. Ma questi molluschi non vivono a riva, bensì a grandi profondità. Questi “cordami” permettono loro di starsene in una strana posizione: ritti sulla punta. La lunghezza di questi fili è tale che un tempo, nel nostro paese, se ne tessevano corde e persino guanti.

Infine altri molluschi conchigliati, gli “scavatori”, vivono sotto 10 o 15 cm di sabbia, come le Veneri, le Cappe, le Patelle, le Mie, i Cannelli dalla forma particolare. Un doppio sifone, sviluppato a mo’ di proboscide, permette loro di attingere l’acqua libera, dal fondo del loro nascondiglio. Un sifone aspira l’acqua, l’altro la espelle. Talora i due sifoni sono saldati come nelle Mie, e formano allora un corpo unico e poco retrattile. Estrema evoluzione di questo gruppo sono i Rasoi e specie affini che cementano il bulbo in cui il loro sifone attraversa la sabbia. Per passare al Dentalio basta pensare che questo condotto si è indurito, entrando a far parte integrante del mollusco. L’abilità e la velocità con cui questi animali perforano la sabbia, sfuggendo così all’uomo, sorpassano ogni immaginazione, e i loro movimenti non sono stati ancora ben chiariti. Ancora più incomprensibile è la potenza dei conchigliati perforatori. Come ad esempio i Datteri di mare, così detti per la forma, e giustamente chiamati dagli zoologi “Lithodomus lithophagus”, cioè “abitante della pietra mangiatore di pietra”. Come le Foladi, dal muco luminoso; come i Saxicavidi, le cui conchiglie si trovano spesso sulle spiagge. Come riescono a scavare gallerie nelle più dure rocce? Ruotando su se stessi, facendo lavorare come la punta di un trapano una delle estremità della loro doppia conchiglia provvista di punte e tubercoli. A Pozzuoli le colonne di un tempio romano dedicato a Serapide sono bucate dai Litodomi. Il fatto sembra straordinario; quando è stato edificato, il tempio era ben saldo sulla terraferma; e lo è ancora. Se le sue colonne sono perforate dal mollusco, significa che per un certo tempo il terreno è stato sommerso, poi è emerso di nuovo.

Un altro Mollusco trivellatore si è specializzato col legno e, come tale, è nemico delle barche: è la Teredine. Ritenuta alungo un verme, ha infatti un piede vermiforme e la sua doppia conchiglia è atrofizzata e forma una sorta di piccola trivella. La storia della marina è piena dei misfatti di queste Teredini che possono causare rapidi naufragi. Nel XVIII secolo, si sono verificate in Olanda catastrofiche inondazioni provocate da Teredini che avevano danneggiato i pali delle dighe. I Bivalvi raggiungono dimensioni assai superiori a quelle degli Univalvi. Il record appartiene alle Tridacne delle barriere coralline: ogni valva può superare i 100 chili, come quelle che servono da acquasantiere nella chiesa di S. Sulpice a Parigi. E’ noto che i due più comuni Bivalvi, cioè le Ostriche e i Mitili, sono oggetto di allevamento intensivo.