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Il fatto che l’Italia si affacci sul mare in misura così rilevante fa spesso dimenticare che il suo rapporto con l’acqua si basa pure sull’esistenza di oltre 1.500 laghi, alcuni dei quali costituiscono un ambiente ideale per la nautica da diporto.

È il caso del Lago di Garda che, con i suoi 370 chilometri quadrati, è in cima alla classifica dei più grandi e, in quanto tale, è presidiato da un nucleo della Guardia Costiera con sede a Salò, sulla sponda occidentale.

1 – Ore 14.55, la CP 703 raggiunge il punto del naufragio

Il 13 maggio di quest’anno, un gruppo di quattro turisti austriaci – un uomo, in possesso di patente nautica, la moglie, il loro bimbo di quattro anni e un loro amico – prende a noleggio un potente motoscafo di circa 8 metri presso un cantiere di Gargnano e si allontana per godersi la giornata. Il cielo è parzialmente coperto ma, in compenso, c’è calma di vento e l’acqua è ferma.

Alle 14.15, la compagnia Carabinieri di Peschiera riceve al numero 112 una telefonata dal tono fortemente drammatico ma poco comprensibile in quanto in lingua tedesca, peraltro parlata con estrema agitazione. Con intelligente prontezza, l’operatore chiede a un suo collega della stazione di Bressanone di fare da interprete e, così, si chiarisce subito la situazione: quattro persone – tre adulti e un bambino di 4 anni, unico a indossare il salvagente – sono in acqua al largo di Bardolino, spaventate, infreddolite, aggrappate a dei cuscini galleggianti. Il motoscafo sul quale si trovavano è affondato. Si tratta proprio dei quattro austriaci che lo avevano noleggiato poche ore prima.

2 – Uno dei naufraghi tenuto a galla dai cuscini del motoscafo affondato.

I Carabinieri avvertono immediatamente la Guardia Costiera che, alle 14.22, molla gli ormeggi della motovedetta CP 703 – un veloce rib – e si dirige a tutta manetta nell’area dapprima indicata vagamente, poi meglio specificata dal naufrago chiamante che, disponendo di un telefonino dotato di gps, fortunatamente contenuto in una busta stagna, indica la posizione 45° 29’ Nord – 10° 43’ Est. Alle 14.50, l’avvistamento.

3 – I quattro naufraghi durante il trasferimento a terra.

Alle 14.55 il recupero a bordo. Alle 15.00 la motovedetta attracca alla vicina Lazise, distante circa 2 miglia, dove i naufraghi vengono subito affidati ai sanitari del 118 precedentemente allertati e in attesa sulla banchina. Così, mentre i quattro austriaci ricevono le prime cure (dopo poco, in ospedale, i medici ne rileveranno un generale stato di ipotermia e qualche trauma di modesta entità), la motovedetta torna sul punto del naufragio per accertare che non vi siano sversamenti di carburante o di olio lubrificante.

Da parte sua, la Squadra Nautica della Polizia di Stato di Peschiera, che era comunque intervenuta nell’operazione di ricerca, avvia immediatamente le attività di accertamento della dinamica dell’incidente, disponendo pure l’alcol-test per l’uomo che era ai comandi del motoscafo. Ed ecco la prima sorpresa: il suo tasso alcolemico risulta nettamente al di sopra dei limiti di legge, cosa che già di per sé gli impone una sanzione di circa 7.000 Euro e la sospensione della patente nautica.

Ma alla luce di ciò che è successo e, soprattutto, di ciò che nei giorni successivi emerge dall’ispezione del relitto, l’aspetto pecuniario è davvero un dettaglio.

Trapela infatti – le indagini sono tutt’ora in corso – che lo scafo presenti danni da collisione e che le manette del gas siano rimaste a fondo corsa. Se ciò fosse confermato, significherebbe che il pilota – in stato di ebbrezza – ha urtato violentemente contro un ostacolo provocando la falla e, proseguendo la marcia in piena velocità piuttosto che fronteggiare l’emergenza, ha lasciato che la barca affondasse mettendo ulteriormente a rischio la vita sua e dei suoi compagni di avventura. Un miracolo che sia finita così.

GLI ERRORI PRINCIPALI

► Essersi messi ai comandi dopo aver assunto alcolici.
► Non aver indossato – tutti – il salvagente.
► Non aver fronteggiato opportunamente l’allagamento della barca.

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