L’EDITORIALE
PRIMI DELLA CLASSE O SOMARI?
Mancando una visione complessiva delle cose, si finisce inevitabilmente per vivere alla giornata. Questo è il problema della nautica da diporto italiana – e non solo – che oggi tira un sospiro di sollievo per il rinvio a novembre delle nuove regole Iva sul noleggio ma che tra qualche mese si ritroverà nuovamente ad affrontare lo stesso problema. Per rinfrescare la memoria, ricordiamo che il comparto del charter, già travolto dalle difficoltà derivanti dal covid, si era ritrovato letteralmente spiazzato dalla prontezza con la quale, il 15 giugno scorso, il Governo aveva deciso di applicare l’aumento dell’imposta al 22 per cento stabilito dalla Commissione UE per tutti gli stati mediterranei dell’Unione. Questo mentre Francia, Croazia e Grecia avevano in sostanza già risposto picche, innescando di fatto una situazione che, da una parte, ci avrebbe tagliato fuori da quello specifico mercato, dall’altra, avrebbe causato l’ennesimo esodo di risorse al di fuori dei nostri confini.
Ma si può definire scampato un pericolo che è solo rimandato di un trimestre? Già, perché al momento opportuno dovremo vedere se questi nostri lungimiranti concorrenti si presenteranno, come noi, con il compitino fatto. Il rischio è che, un po’ per far bella figura con l’UE, un po’ perché le barche, i porti turistici, la gente che va per mare stanno letteralmente sul gozzo a un’ampia percentuale della nostra classe politica, l’Italia si ritrovi diligentemente sola, a darsi la zappa sui piedi. Peraltro, come se non bastasse, la questione Iva si riverbera sul leasing, l’elemento di gran lunga più trainante del settore. E anche in questo caso, vigendo la norma secondo la quale il contratto può essere sottoscritto con le regole di un altro Stato (che guarda un po’ diventa esattore d’imposta), è più che evidente che a rimetterci sarà anche il nostro erario. Purtroppo è una storia che suona tristemente familiare all’orecchio di chi ricorda gli eventi di fine 2011, quando il governo Monti introdusse l’imposta di possesso sulle unità da diporto, felicemente eliminata quattro anni dopo: per restare solo al primo anno della sua applicazione, dei 155 milioni di Euro di entrate previste ne furono raccolti meno di 25. E questo senza contare tutto l’indotto esportato attraverso la massiccia fuga delle nostre unità verso i porti stranieri. Qualcuno, tra natanti, imbarcazioni e navi, si azzardò a contarne circa 30.000.
Corradino Corbò
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