L’ACQUARIO DI GENOVA
ha organizzato, durante il Salone, due conferenze di grande interesse. La prima, intitolata “Galapagos: le porte del paradiso”, è stata tenuta da Giorgio Celli sull’importanza naturalistica e scientifica dell’arcipelago, che ha portato alla teoria dell’evoluzione. Il pubblico, affluito numeroso, ha potuto assistere a una proiezione di foto e filmati illustrati dal noto divulgatore, che nel finale ha espresso la sua preoccupazione per la sopravvivenza della natura straordinaria delle isole. Il turismo, regolamentato, può essere la chiave per la salvezza. In conclusione Gabriela Diana della Quasar Nautica, tour operator specializzato in crociere naturalistiche alle Galapagos, ne ha descritto le caratteristiche ambientali e climatologiche.
La seconda conferenza “Predatori predati. L’altra faccia dello squalo” ha inaugurato la nuova mostra sugli squali che rimarrà fino al 30 maggio ’98. Con l’occasione sono state introdotte alcune specie nuove nelle vasche dell’acquario ed è stata allestita un’esposizione di fotografie, disegni, oggetti e confezioni di prodotti di uso comune fatti con gli squali.
I relatori Alberto Luca Recchi, autore delle fotografie, e Alberto Angela hanno sottolineato il pericolo che stanno attraversando gli squali in tutto il mondo, dove sono vittime di vere stragi, e la loro importanza nell’equilibrio dell’ambiente marino.
GLI SPRINT-FISH DI TUTTI I MARI
non sono i possenti marlin o i tonni: ma i piccoli dei pesci delle barriere coralline. Lo hanno scoperto due ricercatori australiani, seguendo in mare e cronometrando in vasca le prestazioni di “cuccioli” dei pesci chirurgo, pesci damigella e pesci soldato. In media i piccoli delle barriere coralline si muovono alla velocità di 20.6 centimetri al secondo, cioè l’equivalente di 14 lunghezze del loro corpo. Un nuotatore olimpico, con quella velocità, chiuderebbe i 100 metri in appena… 3 secondi! Il vero campione di velocità è un piccolo pesce soldato cronometrato nella acque dell’atollo polinesiano di Rangiroa, con una media di 56 centimetri al secondo tenuti per dieci minuti: e negli ultimi due minuti il pesce ha nuotato così velocemente da seminare i subacquei che lo stavano seguendo. I cuccioli dei pesci corallini sono anche campioni di resistenza: lo ha dimostrato un pesce chirurgo che ha nuotato, in una vasca apposita, per 94 chilometri senza fermarsi mai.
La straordinaria velocità e resistenza di questi pesciolini ha messo in crisi i biologi di tutto il mondo, che da sempre ritenevano i piccoli dei pesci (molti dei quali passano i primi stadi della loro vita in mare aperto) praticamente alla mercé delle correnti. Questi invece hanno dimostrato di essere in grado di coprire distanze significative e, soprattutto, di riuscire ad individuare la presenza di una barriera corallina anche ad oltre un chilometro di distanza grazie, probabilmente, al rumore che le creature del reef emettono di notte: una caratteristica importantissima visto che le barriere coralline sono vere e proprie oasi nel deserto del mare aperto. Fino ad oggi si era creduto che i pesciolini trovassero la via del reef quasi per caso, grazie al gioco delle correnti.
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GLI ATOLLI CORALLINI SONO I LUOGHI PEGGIORI
per scaricare le scorie radioattive. Lo dimostrerebbe una ricerca condotta da biologi australiani e francesi, i cui risultati indicano che i radioisotopi disciolti nell’acqua entrano nella catena alimentare della barriera corallina con velocità cinque volte superiori a quanto avviene nelle acque temperate. Lo studio analizzava il plutonio 210, un prodotto del gas radon emesso naturalmente dalle rocce che contengono uranio, ma è assai probabile che lo stesso accada anche con gli isotopi provenienti dalle scorie nucleari e dai test delle bombe atomiche. La Francia, che nel frattempo ha interrotto gli esperimenti nucleari a Mururoa, ha ammesso che l’isotopo iodine 131 è ormai presente nelle acque dell’atollo.
PESCI CONTRO DELFINI.
Questi ultimi, lo sanno tutti, utilizzano una sorta di sonar per “vedere” attraverso l’acqua l’ambiente circostante e ciò che vi è immerso, comprese le loro prede. Ciò che invece ancora non sapevamo è che alcuni pesci (gli esperimenti sono stati eseguiti sulla Alosa sapidissima, simile all’aringa) riescono a percepire i suoni ad alta frequenza e quindi, presumibilmente, anche gli impulsi del sonar dei delfini. Questa scoperta sembra confermare il sospetto che gli avvisatori acustici sperimentali installati sulle reti, che impediscano in una certa misura le catture dei delfini, probabilmente funzionano perché, spaventando le prede, allontanano i cetacei dalla zona.
SQUALO BIANCO SEMPRE PIÙ PROTETTO
in Australia: anche il Western Australia si è aggiunto alla Tasmania, South Australia, New South Wales e Queensland nel dichiarare il bianco una specie protetta.
LE BARRIERE CORALLINE
emettono più anidride carbonica di quanta ne assorbano: questo il risultato di un lavoro di sette anni condotto dalla giapponese New Energy and Industrial Development.
STRANI AMICI DI NUOTATE:
osservati per la prima volta in Mediterraneo un banco di tonni che navigavano assieme ad un gruppo di delfini nel golfo di Korinthiakos. Per più di tre quarti d’ora tonni e delfini hanno viaggiato assieme, a due-tre metri di distanza, senza alcuna interazione apparente.
BARRIERE CORALLINE NEL MARE DEL NORD
a 300 metri di profondità: vere, intatte, viventi, non i resti fossili di quando quei fondali erano lambiti da acque ben più calde. Sono i banchi di Lophelia pertusa, un corallo contro ogni regola. I reef che conosciamo tutti possono vivere solo in acque calde, tropicali, limpide e pulite, dove la luce del sole riesce ad innescare nelle alghe simbionti del corallo, la fotosintesi clorofilliana responsabile di gran parte del cibo ad esso necessario per costruire il suo scheletro. La Lophelia, invece, non ha alghe simbionti e può perciò vivere anche nei mari più freddi e bui della Terra. Così è: in Norvegia e in Scozia questo corallo forma dei veri e propri reef abissali che si innalzano per 30 metri dal fondo e si estendono anche per migliaia di chilometri. Come le barriere tropicali, i banchi di Lophelia sono ricchissime di vita ed attirano diverse centinaia di specie animali, fra pesci e invertebrati. Priva del contributo delle alghe, la Lophelia cresce lentissimamente: solo mezzo millimetro all’anno.
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