Sommario
GRANDI SQUALI IN MEDITERRANEO
È ancora presto, ora che scriviamo queste righe, per anticiparvi i risultati della campagna d’avvistamento squali del Mediterraneo, il programma L.E.M. (Large Elasmobranch Monitoring) lanciato sulle pagine di questa rivista nei mesi scorsi e che ha avuto notevole eco sia in Italia che in Europa. Parlando di squali è facile che il messaggio finisca distorto: così se da una parte la serissima BBC ha inviato una sua troupe a investigare, alcuni giornali belgi hanno travisato e spettacolarizzato la realtà, sconsigliando i lettori di recarsi in Mediterraneo perché «pullula di squali». Mentre continuano a pervenire alla sede ICRAM, l’Istituto Centrale per la Ricerca Applicata alla Pesca, schede di avvistamento di piccoli e grandi squali – hanno fatto clamore i video di uno squalo martello al largo di Positano e di un grande squalo bianco femmina al largo di Senigallia, primo e unico documento filmato di un Carcharodon carcharias in Mediterraneo – è tempo di ringraziare quanti hanno contribuito alla campagna. E di bacchettare chi, nell’ansia di trarre il massimo guadagno possibile, ha di fatto impedito ai ricercatori la visione di documenti di grande valore scientifico. Il mondo, è vero, gira nella direzione del profitto; ci illudevamo però che chi dal mare trae soddisfazioni e divertimento sentisse l’obbligo morale, quando è possibile, di ricambiare. Il futuro dei grandi squali, in Mediterraneo come ovunque nel mondo, è incerto. Pescatori e biologi concordano sul fatto che il loro numero è drasticamente diminuito ovunque in pochi decenni. La situazione è critica. Sappiamo così poco degli squali nel nostro mare che ogni informazione è preziosa e fondamentale, se vogliamo assicurarne la sopravvivenza. Mercanteggiare con quello che è stato in fondo un regalo prezioso, non mi sembra degno di uomini di mare. Ma d’altronde, non tutti gli squali si trovano sott’acqua…
NUOVE PREOCCUPAZIONI PER IL BUCO DELL’OZONO.
I ricercatori dell’Università di Plymouth, in Inghilterra, hanno scoperto che le cellule riproduttive delle alghe sono assai più sensibili alla luce ultravioletta delle cellule mature: ciò significa che i buchi dell’ozono possono seriamente inibire la crescita del plancton marino, la base della catena alimentare degli oceani.
NON MORIRÀ IL MAR MORTO:
negli ultimi trent’anni ha perso oltre venti metri di profondità: a 410 metri sotto la superficie del mare, la superficie del Mar Morto è il punto più basso di tutta la Terra. La deviazione del fiume Giordano per rifornire le città e l’agricoltura continua a sottrarre acqua all’immenso lago salato, abbassandone il livello di 80 centimetri ogni anno. Questa discesa si arresterà fra 400 anni, sostiene il Geological Survey of Israel, quando l’aumento di salinità rallenterà l’evaporazione del lago fino a raggiungere una situazione di equilibrio con l’afflusso di acqua sotterranea e l’apporto del fiume Giordano. Allora il lago si attesterà ad una profondità relativa di 200 metri, che corrispondono a 510 metri sotto il livello del mare. Si teme però che i piccoli microrganismi che lo popolano non riusciranno a sopportare l’altissima salinità.
PERCHÈ GLI INSETTI NON HANNO INVASO GLI OCEANI?
Perché non sanno dove nascondersi, rispondono gli scienziati dell’Università di Cambridge, sostenendo che alcuni degli adattamenti che hanno consentito agli insetti di dominare il mondo, li renderebbero facile preda nel mare. Gli insetti sono sicuramente il gruppo animale di maggior successo sul nostro pianeta: gli entomologi stimano che almeno 5 milioni di specie diverse popolino tutti gli ambienti della Terra, compresi quelli più estremi e proibitivi: alcuni vivono lungo fiumi e laghi, altri sopravvivono a temperature estreme e alla disidratazione o tollerano temperature al limite del congelamento, altri ancora prosperano nei laghi salati. Perché non in mare, allora? Perché nei laghi salati non vi sono pesci: è questa l’ipotesi. È proprio per evitare questi predatori che i crostacei, parenti relativamente distanti degli insetti – si nascondono durante il giorno. Il sistema respiratorio degli insetti, i quali assorbono l’ossigeno attraverso una rete di canali distribuiti su tutto il corpo, non potrebbe funzionare in mare. Gli insetti non solo non potrebbero rivestirsi di bollicine d’aria da trascinare con sé in profondità, visto che la pressione li schiaccerebbe; neppure stazionando nei pressi della superficie, pur rendendosi invisibili, funzionerebbe: l’aria intrappolata al loro interno rifletterebbe la luce manifestando la loro presenza ai pesci.
È NATA NEGLI ABISSI LA VITA SULLA TERRA?
Recuperati intatti da 1500 metri di profondità i «camini neri», i camini vulcanici che si formano nelle catene montuose oceaniche, dove si concentra l’attività di formazione della nuova crosta terrestre. Sono una ventina le ricerche condotte dall’Università di Washington e dall’American Museum of Natural History di New York, dalla mineralogia alla ricerca della presenza di microbi o di organismi più evoluti. Alcuni scienziati sono infatti convinti che la vita sulla Terra si sia sviluppata in queste zone di formazione di nuova crosta terrestre. L’acqua calda si infiltra nelle spaccature del fondale e a causa delle altissime temperature i minerali cristallizzano e creano infine le forme a camino. È la prima volta che si riesce a strappare al fondale oceanico un camino intero: finora gli scienziati avevano potuto studiare solo piccoli frammenti prelevati dai sottomarini. I camini vengono da una zona chiamata Fawlty Towers a 300 km dalla costa di Washington.
COMPUTER E CAPODOGLI
Alcuni composti chimici tossici utilizzati in milioni di computer e di apparecchi televisivi, PBB e PBD, si stanno accumulando nei tessuti dei capodogli, che si nutrono nelle acque profonde del Nord Atlantico. La loro presenza nei capodogli dimostra che questi composti sono giunti fino alle profondità abissali, dove vivono i cefalopodi di cui si cibano i capodogli. Questi composti sono utilizzati come ritardanti per gli incendi nei circuiti elettronici, nelle coperture in plastica delle televisioni e in altri equipaggiamenti elettrici. Penetrano nell’ambiente attraverso i gas e le acque di scarico degli inceneritori, vengono assorbiti nella catena alimentare e accumulati via via nei predatori di vertice, sino ad arrivare ai capodogli. PBB e PBD possono danneggiare il sistema nervoso e riproduttivo di questi animali; eppure, nonostante la loro tossicità e la lunga permanenza nell’ambiente, il loro utilizzo non è bandito.
UOVA DI TARTARUGA
come fertilizzante per le spiagge: non tutte le uova deposte da mamma tartaruga giungono a far nascere una tartarughina. Quelle che non si sviluppano si decompongono e immettono sostanze nutrititive in un ambiente come la spiaggia costiera, relativamente povero di nutrienti. Non solo: molti dei piccoli nati non arrivano in mare, catturati dai granchi e dalle altre creature della spiaggia. Il ruolo delle tartarughe, secondo un’ecologa americana, è importante per la stabilità di questo ambiente: cibandosi in acque lontane alla spiaggia, esse immettono energia nel sistema costiero senza prelevarne.
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